giovedì 14 febbraio 2019

RIFUGIATI E MIGRANTI ECONOMICI

La distinzione tra rifugiati e migranti economici è stata introdotta da tale Egon Kunz, uno studioso di migrazioni che aveva elaborato la teoria detta push/pull Theory. Kunz in effetti intendeva differenziare chi parte per necessità, cioè i pushed, destinati a diventare rifugiati, da chi parte per scelta, i pulled, attratti da migliori prospettive economiche.




Con il tempo tale distinzione è apparsa sempre più forzata fino a diventare un’etichetta rassicurante per gli Stati su chi accogliere e chi respingere. Col tempo è sempre più emersa una multifattorialità di motivi che conducono alla scelta di lasciare il proprio Paese ed anche nel nostro tempo è ormai assodato che, a parte pesanti situazioni di guerra come ad esempio quelle attuali in Siria, non c’è mai un solo fattore che porta ad emigrare, ma un complesso mix che racchiude instabilità politica e militare, persecuzioni, difficile situazione economica, reti sociali già presenti in altri Paesi ecc.

In questo maremagnum di situazioni è difficile scindere quella politica, economica, o sociale ed etichettare le persone come rifugiati o migranti economici. Non bisogna poi dimenticare che l’asilo è un privilegio concesso dallo Stato, non una condizione inerente all’individuo, quindi è lo Stato che decide se darlo o no in funzione di una serie di motivazioni che, a ben vedere, sono estremamente soggettive del Paese di accoglienza.

Un esempio può rendere meglio l’idea: nel 2007 dei 18.559 iracheni che hanno fatto domanda di asilo in Svezia l’82% è stato riconosciuto come rifugiato, dei 5.474 che lo hanno chiesto in Grecia, lo ha ottenuto lo 0%.Questo sta a dimostrare che gli Stati occidentali utilizzano l’asilo politico come strumento di protezione umanitaria e tutela dei diritti, ma anche come modalità di regolazione dei flussi migratori. I Paesi nordici storicamente utilizzano l’asilo politico per selezionare i migranti in ingresso, lo concedono molto, ma limitano invece l’entrata ai migranti economici. Al contrario i Paesi del sud Europa sono più restrittivi in termini di asilo ma più lassisti rispetto ai migranti economici.

Poiché i migranti conoscono bene queste strategie politiche, mettono in atto accorgimenti razionali per raggiungere il loro scopo, non solo per decidere verso quale Paese dirigersi, ma anche per decidere quale storia raccontare per ottenere lo status di rifugiato avviando così una sorta di commercio di informazioni per far si che i nuovi partenti siano consapevoli di come funziona la richiesta di asilo.

Ci sono quindi tempi storici ed emergenze a regolare il fenomeno migratorio. Quello attuale è sicuramente legato alla condizione della Libia e della Siria, ma nel passato abbiamo avuto l’emergenza kossovara e quella somala per cui tutte le persone provenienti da quei contesti, a prescindere dalle condizioni individuali che dovrebbero essere il parametro per assegnare o meno lo status di rifugiato, tendevano a riceverlo in una sorta di “tutela di gruppo”.

Resta il fatto che qualunque siano le motivazioni e le cause che portano migliaia di persone ad allontanarsi dal loro Paese di origine, ad affrontare viaggi “della speranza” per arrivare in luoghi dove ritengono di trovare migliori condizioni di vita, le conseguenze sono sicuramente di impatto per chi parte e per chi li accoglie.

E tutto ciò muove insieme a tanta gente anche tantissimo denaro ed alla fine, forse, è proprio il denaro a mettere in moto l’intero ingranaggio: il denaro che chi parte deve riuscire a trovare per pagarsi il viaggio; il denaro che guadagnano gli scafisti e tutte le organizzazioni criminali che fanno affari col traffico di esseri umani; il denaro che arriva (da dove?) alle Ong per svolgere la loro opera di salvataggio; il denaro che i governi impegnano per finanziare i centri di accoglienza.

E poi il denaro prodotto dal lavoro nero che fa arricchire i singoli, visto che non è tassato, e non certo lo Stato accogliente; il business della criminalità organizzata che sfrutta queste situazioni per arricchirsi. Gli immigrati vittime di reati e i migranti che i reati li compiono: tutto questo ha un costo che paga la società.

Infine il terrorismo, piaga di questi anni, ma questo è un altro discorso.



A cura di Valeria Lupidi

Vice Presidente ANCIS



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